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Mandare foto oscene in chat a persone che non le gradiscono non è reato (surreale ma vero)!

“Oh scusa, dovevo mandarle a un'altra persona". Quante donne hanno ricevuto questo messaggio da uno sconosciuto, dopo che nella loro chat social è comparsa una foto di parti intime maschili esposte? Moltissime, basta fare un piccolo sondaggio tra amiche e conoscenti. Tutte conoscono bene quella frase con cui l'esibizionista digitale si prepara a invocare la buona fede, nel caso in cui la vittima dovesse denunciarlo per molestie, anche se poi, aggiungendo: "comunque, già che ti è arrivata mi puoi dire che ne pensi?", vanificando un po' l'impianto difensivo.
Molte volte invece il molestatore non prova neanche a scusarsi, semplicemente invia la foto, noncurante di cosa possa provare chi è dietro lo schermo e riceve le sue immagini.

La maggior parte di questi molestatori crede di vivere sul filo del rasoio perché non sanno qualcosa che potrebbe lasciarli dormire sonni molto tranquilli: inviare foto porno in chat non è reato. La scoperta/considerazione nasce dall'invitabile confronto suscitato da un articolo pubblicato da MarieClaire.com negli Usa. Partendo da una ricerca condotta dall'app di incontri Bumble (con gestione al femminile) da cui si scopre che una donna su tre ha ricevuto immagini oscene non richieste - e il 96% non è stata contenta di averle ricevute -, si apprende che in 49 dei 50 stati degli Usa il cyberflashing, così si chiama questo tipo di molestie, non è reato. Invece, mostrare parti intime per strada o in metropolitana può comportare l'arresto, o come minimo una sanzione pecuniaria.

E in Italia, invece, come funziona?

No, anche il nostro ordinamento non prevede una sanzione  per la molestia virtuale avente come oggetto un contenuto sessuale esplicito.

Abbiamo l’art. 660 c.p. secondo cui 'Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516', ma si tratta di una fattispecie generica che presenta dei limiti. Il comportamento incriminato deve avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico o per mezzo del telefono, quindi con chiamate vocali e non per mezzo di internet. La Corte di Cassazione ha ritenuto Facebook un luogo pubblico, una sorta di piazza immateriale, ma nella fattispecie non rientra l’uso dell’applicazione di messaggistica istantanea come WhatsApp o Messenger. In sintesi, l’invio di una foto con contenuto sessuale esplicito tra soggetti maggiorenni per mezzo di una chat privata non è penalmente rilevante. Le cose, ovviamente, vanno in altro modo se il destinatario è minorenne, in quanto potrebbe rientrare nella fattispecie di corruzione di minore.

Per chi invece ha più di 18 anni non c'è molto da fare, sono parecchie le leggi che al loro varo, decenni fa, non potevano prevedere l'avvento del digitale e il suo sviluppo planetario.

È ora di cambiare le cose, perché la molestia è tale in ogni sua forma!